domenica 22 gennaio 2012

Per inserire materiali nuovi si clicca in alto a destra su 'nuovo post'.
B) LO SVILUPPO DELLA PROFESSIONALITA’ DELL’INSEGNANTE:
UN CONTRIBUTO ALLA RIFLESSIONE DA CONDIVIDERE...MODIFICARE ...AMPLIARE......da D.Merlo N Maldera L. Tremoloso

1) Per ogni insegnante la vita lavorativa è immutabile per ruolo e mansione. Gli anni di lavoro, la partecipazione ad attività formative o di ricerca, la disponibilità e la sensibilità ad occuparsi di aspetti di vita collegiale non determinano mai un cambiamento di vita professionale o di riconoscimento formale. Quasi sempre l’autorevolezza della “propria unicità” professionale è lasciata alla capacità dei singoli docenti che all’interno delle proprie scuole o dei propri gruppi di riferimento riescono a farsi riconoscere, implicitamente, la propria preparazione didattica o culturale ecc. Gli insegnanti non vedono nel loro futuro un cambiamento legato alla storia professionale e anzi, sentono che le competenze e le capacità acquisite non servono per arricchire la scuola o per favorire la crescita professionale di altri docenti ma hanno spesso la percezione di possedere un sapere inutilizzabile. Nella scuola italiana, la professionalità è spesa nel chiuso della propria aula e nessuno è in grado di vedere, di valorizzare e di mettere “a sistema” il patrimonio culturale e di pratiche didattiche presenti sul territorio. Il sistema scuola d’altra parte, non chiede ... non ha grandi pretese.. è organizzato per dimostrare che ogni insegnante è intercambiabile, che non ci sono differenze, come se i contesti e gli ambienti sul territorio fossero tutti uguali.

2) Ogni insegnante dovrebbe maturare la propria professionalità in un ambiente di condivisione di scelte culturali e metodologiche. Dovrebbe condividere con un gruppo di lavoro le scelte che condizionano e definiscono l’ambiente reale e concreto dei propri ragazzi\allievi, la collegialità dovrebbe essere il garante dell’innovazione, della ricerca didattica, della crescita professionale dei docenti che lavorano insieme.
Ogni insegnante dovrebbe avere una ricca strumentazione di base (organizzativa, disciplinare, metodologica, culturale, psicologica) che gli permetta di prendere, in ogni momento, decisioni coerenti per l’apprendimento, la formazione, l’educazione, l’emancipazione culturale dei propri allievi.
Troppo spesso invece, l’unico strumento che definisce contenuti, tempi di attuazione, metodologie da utilizzare in classe è il libro di testo. Il libro di testo dovrebbe essere di supporto ma è, in molti (troppi casi) “il regista" - nemmeno così occulto - del processo didattico.
Se l’insegnante – in una scuola di massa - non ha un quadro concettuale della disciplina, non in funzione della sua strutturazione storico-logica, ma dell’apprendimento, e, contemporaneamente, non possiede uno schema di riferimento dei modi attraverso cui procede la comprensione, ma si affida alla articolazione lineare del testo, alla strutturazione “monumentalizzata” che esso dà della disciplina, e conclude con esso il suo apparato metodologico, finisce per essere una comparsa, un ripetitore più o meno efficace di una serie di conoscenze organizzate a monte del processo formativo, in funzione della strutturazione logica della disciplina, ma non della comprensione reale e partecipata da parte dell’allievo.
Un insegnante che si affida al solo testo, diventa massa anch’esso, portatore di una professionalità debole e come tale facilmente sostituibile, privo di riconoscimento sociale. Le sue prerogative professionali finiscono, al più, per definirsi sul piano delle qualità psicologiche, su quello – non secondario, ma non sufficiente - delle capacità relazionali.
Questo, a tutt’oggi, sembra essere il profilo più diffuso di docente; nonostante anni di corsi e di iniziative di aggiornamento, l’esperienza SSIS, i contributi dei centri di ricerca didattica presso le Università.
Purtroppo si è ancora lontani nelle scuole dalla prospettiva educativa (teorizzata in specifico da Chevallard - vedi nota - per la matematica, ma che si può leggere in senso più ampio), per cui il compito principale dell'insegnante dovrebbe essere quello di ri-contestualizzare e personalizzare un sapere (quello disciplinare, normalmente decontestualizzato e depersonalizzato), dando ad esso senso e “vita”. Per poi, nel tempo, e nel corso del percorso formative, ri-decontestualizzarlo e ricondurlo progressivamente vicino alla sua forma astratta e formale. Il processo sotteso a questo compito presuppone di assumere la didattica, e la professionalità ad essa sottesa, come un vero e proprio lavoro di “ricerca”, di riflessione e azione, o, meglio, di progettazione, di pratica e di analisi. Solo così è possibile costruire quel patrimonio di casi e di approcci che consente all’insegnante di utilizzare “al momento”, nella situazione contingente della classe e per il singolo allievo, le risposte adeguate. Inutile dire che più ricca è la versatilità, la ricchezza strumentale di cui si attrezza, più facilmente il docente sarà efficace nei contesti più diversi, più facilmente diventerà capace di adattarsi ai processi di trasformazione, all’evoluzione sociale e strumentale che negli anni deve affrontare.
Ma l’insegnante non è considerato - né molti degli stessi docenti si sono mai pensati come se lo fossero - un “ricercatore”. Qualcuno, tuttavia, lo ha fatto e continua a farlo costruendo, per se stesso, un patrimonio di conoscenze. E’ una ricchezza appartenente ai singoli che è stata e continua ad essere dispersa costantemente. Non è mai stato considerato quel valore in termini di arricchimento della comunità e della struttura formativa. L’esperienza e le condizioni in cui versa l’Istituzione scolastica dimostrano che se non è 'di sistema', la professionalità non produce guadagno. Se fallimento c’è stato negli sforzi per la formazione docente, fin qui messi in campo, è nel fornire una teoria e una pratica che, se raramente ha prodotto cambiamento di mentalità nei singoli, mai si è posta, invece, il problema del cambiamento in tal senso della organizzazione del sistema nel suo complesso.

PROPOSTE
Si potrebbe prevedere un percorso professionale diversificato alla fine della carriera? E’ possibile prevedere un tempo di lavoro dedicato ai propri allievi e un tempo di lavoro dedicato all’accompagnamento, all’accoglienza e al supporto degli insegnanti appena entrati nella scuola così da non perdere il patrimonio didattico e metodologico che ha acquisito negli anni, ogni docente?

Nota
Chevallard Y., 1985, La transposition didactique, Editions La Pensée Sauvage.


In questo blog troverete i materiali per la riflessione nei focus.
Durante questo periodo di preparazione alla 3° Conferenza Regionale sulla Scuola, il blog ci servirà per arricchire, anche con contributi personali, la documentazione per la pubblicazione e per preparare il Convegno finale.

venerdì 13 gennaio 2012

Lo scopo del Blog

Condividere e dibattere le idee emergenti dai Focus group per preparare la 3° Conferenza Regionale della Scuola che si terrà a Torino nel mese di aprile 2012.